Alessandro Diamanti era un giocatore di altri tempi. Grande estro (che lo ha reso una star sui social al giorno d’oggi, celebre il suo motto “E poi bo…“), tanta, tantissima, tecnica, con quel sinistro che ha disegnato traiettorie che hanno fatto sognare i tanti tifosi che hanno avuto il piacere di vederlo dal vivo lungo tutto il mondo. Capitano a Bologna, simbolo a Livorno, oltre alle esperienze all’Atalanta, al Palermo e alla Fiorentina (tra le altre); nel mezzo, le esperienze in Premier League (West Ham e Watford) e in Cina, al Guangzhou Evergrande. Infine, il Western United, l’Australia, dove dal 2019 si è stabilizzato, ha posto fine alla sua vita da calciatore dando inizio a quella da allenatore, nella giovanili del Melbourne City.
Alla guida della squadra, Diamanti prenderà parte alla 74esima edizione del Torneo di Viareggio che inizierà lunedì 12 febbraio. E, nella sua Prato, l’ex trequartista ha tenuto una conferenza stampa di presentazione da allenatore.
Alessandro Diamanti ha aperto la conferenza parlando del suo esordio sulla panchina del Melbourne City, sulla sua nuova vita da allenatore: “Cosa mi aspetto? Mi aspetto di competere, che è una cosa che in Australia non hanno ancora forte nella testa. Mi faceva piacere portarli qua per confrontarli con giocatori della loro età ma di differenti culture di calcio. Così possono capire cosa devono fare per diventare calciatori. E un’opportunità che hanno i ragazzi fare il torneo di Viareggio. Importante anche per il nostro club, che fa parte del City Group. La aspettativa che ho dato a loro è “No regrets”. Bisogna venire qui, siamo in un ambiente fantastico”.
Nessun rimpianto e divertimento, come spesso ribadito sui suoi profili social network: good vibes. Un mantra. Anche all’interno dello spogliatoio di Diamanti le sensazioni positive non possono mancare. O meglio, le good vibes: “Le good vibes sono la base. Senza divertimento non sono niente, cambierei me stesso. Non posso stare in ambienti dove non mi sento in comfort”.
Diamanti ha le idee chiare: dall’Australia, all’Italia arrivando fino al Brasile, il calcio rimane il calcio. Sempre nella sue essenza più pura. “La mia aspettativa? Dare il massimo e divertirmi. Cercare di rispettare il gioco del calcio. La differenza tra allenare e giocare è minima. Da capitano sono sempre stato motivazionale, ho sempre trascinato i miei compagni, e un allenatore deve fare uguale. Voglio dare delle responsabilità a questi ragazzi, perché posso dalle indicazioni, ma poi tocca a loro”.
Dall’Italia all’Inghilterra, passando per la Cina e l’Australia. Diamanti ha parlato di una possibile fonte di ispirazione per quanto riguarda la panchina. “In che allenatori mi ritrovo? Ne ho avuti tanti, ma ho il mio stile, ho la personalità per farlo e vado avanti con le mie idee. Il calcio è condivisione, non siamo scienziati che cambiamo il mondo.
“Il talento ci nasci o ci diventi. Io non ho mai provato una punizione in allenamento e poi ne ho segnate 50 in carriera. Meglio di me nessuno può dire che il talento non è abbastanza se lavori duro. Io a 17 anni ero il miglior talento italiano, ma ho giocato tanti anni in C2″.
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