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Albertosi: “Yashin il più grande di sempre, anche se aveva la pancetta da impiegato”

Campione d’Europa nel 1968, vice campione del Mondo nel 1970 e due volte campione d’Italia. Nelle bacheca di Enrico Albertosi non manca nulla. Idolo a Cagliari, dove vinse uno scudetto ai tempi della leggenda, Gigi Riva, ha lasciato un buon ricordo di sè anche a Firenze, dove vinse, tra le altre, una Coppa delle Coppe e a Milano, dove, con i rossoneri, vinse il secondo scudetto in carriera. All’attivo anche quattro Coppe Italia. Albertosi si è raccontato nel corso di una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Due in particolare gli aneddoti degni di nota, quelli relativi al suo mancato passaggio all’Inter. Alla fine gli è andata comunque bene: “Giocavo nella Pontremolese. Un ragazzo che lavorava nella società mi portò a fare un provino con lo Spezia, ma mi chiamarono anche quelli dell’Inter. Avevo 15 anni, ero emozionato ed andai con mia madre. Eravamo centinaia di ragazzi: si passavano le varie prove e i migliori restavano in fondo. Alle sette di sera ero ancora in campo, ma poi non mi dissero più nulla e, alla fine, mi chiamò la squadra ligure. Mio padre voleva che continuassi a studiare, ma io volevo giocare e mia madre passò tutta la notte a convincerlo, così il giorno dopo andammo a La Spezia per firmare e quando tornammo a casa trovammo nella casella della posta il telegramma dell’Inter che mi annunciava l’ingaggio. Com’è la vita“.

La seconda possibilità sfumò nel 1968. Delusione dal retrogusto dolce, visto che poi arrivò il trionfo con il Cagliari: “Nell’anno dell’addio ai viola mi aveva chiamato Allodi, responsabile tecnico dell’Inter, e mi disse l’anno successivo avrei giocato in nerazzurro. Quando mi presentai dal presidente della Fiorentina, Baglini, dissi che sapevo tutto del passaggio all’Inter. Lui mi guardò come un matto e rispose che sarei andato al Cagliari.  Avevo molti pregiudizi sulla Sardegna a causa di alcuni rapimenti e poi volevo andare all’Inter. C’era stata una cena in cui i dirigenti avevano mangiato e bevuto molto. I cagliaritani evidentemente reggono meglio l’alcol e fecero firmare un foglio a Baglini in cui c’era scritto che avrebbe ceduto Albertosi e Brugnera in cambio di Rizzo e soldi.  E anche quella volta Milano sfumò, ci sarei arrivato poi da rossonero”. Rapporto con Dino Zoff: “Eravamo grandi portieri, ma molto diversi nello stile. Il giorno e la notte. Il più grande? Secondo me Yashin, anche se ai Mondiali del ’66, a 40 anni, sotto la panciera aveva una pancia flaccida da impiegato sedentario e si sciolse un mito”.

Redazione

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