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L’oasi dell’Al-Fateh: pochi stranieri, “el Chino” e una promessa per Mancini

Un’altra Arabia esiste, lontano dai riflettori. Ad Al-Mubarraz, nell’oasi patrimonio dell’Unesco di Al-Hasa, ha sede l’Al-Fateh, che nella quinta giornata di Saudi Pro League ha battuto 5-1 l’Al-Ahli di Mendy, Firmino, Mahrez e dell’ultimo arrivato Gabri Veiga. 

Sicuramente la sconfitta più pesante, fino a questo momento, per uno dei quattro club del fondo PIF. Complici anche le cattive prestazioni di Ibañez e Demiral (espulso), la squadra di Mathias Jaissle si è fatta rimontare dopo l’iniziale vantaggio arrivato su autogol. 

Curioso soprattutto che l’Al-Fateh abbia vinto questa partita schierando solo cinque stranieri, e nemmeno i più famosi e titolati della sua rosa: non erano convocati infatti né l’ex Betis e Fiorentina Cristian Tello, né l’ex Lione Jason Denayer. C’erano invece il portiere svedese Rinne, il difensore marocchino Saadane, il connazionale Batna, esterno d’attacco autore di una doppietta, il trequartista brasiliano Petros e l’esterno sinistro Zelarayàn, in gol al 58′ per il 2-1 che cambia definitivamente le sorti del match. 

Saudi Pro League: l’Al-Fateh di Zelarayàn e Al-Buraikan

È la sua la storia più interessante fra quelle degli undici in campo. Il nome di battesimo, Lucas, dice di un’origine latina, per la precisione argentina. E infatti “el Chino” è nato a Còrdoba, nel 1992. Il suo sogno da bambino era indossare due maglie: quella de “los Piratas” del Belgràno e quella albiceleste della Selecciòn argentina. Ha realizzato solo il primo. Come rivela il suo cognome le origini del padre non sono sudamericane ma europee, armene per l’esattezza. E Zelarayàn ha deciso di recente di sfruttare il doppio passaporto per giocare nella nazionale allenata da Caparròs prima e ora da Petrakov, con cui ha esordito a quasi 30 anni e ha già segnato due gol. Nel frattempo l’esperienza al Tigres, in Messico, e soprattutto quella in MLS, ai Colombus Crew: 38 gol in tre stagioni, un titolo nazionale e un premio da MVP nel 2020. Prima di trasferirsi in Saudi Pro League quest’estate per poco meno di 3 milioni

C’è poi il giocatore simbolo del club, il capocannoniere fino a questo momento con 4 gol. Si chiama Firas Al-Buraikan, ha 23 anni ed è il futuro della nazionale saudita: ha giocato da titolare tutte e tre le partite della squadra di Renard in Qatar, senza mai segnare. L’allenatore francese lo aveva schierato dietro alla punta, da esterno, lui che sarebbe un nove: chissà se Roberto Mancini lo riporterà al centro dell’attacco. Insieme ad Al-Dawsari, al portiere Al-Owais e a Mohamed Kanno è uno dei giocatori più importanti del Paese. 

La storia del club

L’Al-Fateh ha vinto solo un campionato nazionale, nel 2012-2013, seguito da una Supercoppa. Fondato nel 1958, ha subìto per decenni la rivalità con l’Hajer FC, oggi in seconda serie. Come succede spesso in Arabia, il club è polisportivo: la volontà di eccellere in ogni disciplina è riflessa dal soprannome, Al-Namothaji, che significa “modello, pietra di paragone”. Le partite casalinghe si giocano in una delle tante cattedrali nel deserto, il Prince Abdullah bin Jalawi Stadium, circa 19.500 posti la capienza. L’allenatore è il croato Slaven Bilic, ex ct della nazionale balcanica con una lunga esperienza in Inghilterra (West Ham, WBA, Watford). Dopo la netta sconfitta contro l’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo (0-5), l’Al Fateh ha regalato la più grossa sorpresa di questo inizio di stagione. Ora è settimo, proverà a ripetere il sesto posto dello scorso anno. Intanto continua a vivere nella sua oasi: niente spese folli sul mercato, pochi stranieri e l’attaccante più promettente del Paese. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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