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Addio a Hugh Hefner. Chi nel calcio ha fatto della sua eredità un modello di vita?

Hugh Hefner amava le donne. E non ne amava una alla volta perché “La monogamia è un’invenzione della nostra civiltà occidentale. Non ha nulla a che fare con la natura umana.”. Monogamia o meno, il fondatore di Playboy, nel 1953, scomparso ieri nella sua Playboy Mansion vicino Beverly Hills, creò un solco tra l’America puritana e la nuova visione della donna. Lo fece attraverso una rivista mandata in stampa grazie ai soldi raccolti tra gli amici e impegnandosi i mobili di casa. Un azzardo che si rivelò intuizione geniale, accompagnata da una cover-girl che definì “L’icona che incarna la quintessenza di Playboy”: Marilyn Monroe.

Da quel momento l’ascesa fu inarrestabile. Seppure carica di eccessi, scandali e scontri con il movimento femminista, Playboy e le Playmates entrarono nell’immaginario collettivo di tutti, uomini in particolare. E Hefner per tantissimi, divenne un punto di riferimento, che ebbe il merito (o la colpa) di sdoganare nuovi orizzonti nelle relazioni tra i sessi.

Un playboy a capo di Playboy, a cui oggi rendono omaggio in tanti: dalle sue conigliette, ai musicisti, alle star americane dello sport. E di sportivi che devono aver preso alla lettera gli insegnamenti di Hugh ce ne sono parecchi: su tutti forse Wilt Chamberlain, il cestista dei record NBA famoso (anche) per aver avuto 20.000 donne e di cui si dice che dopo ogni partita e allenamento, tornasse a casa con due o tre ragazze.

E nel calcio? Chi ha raccolto l’esempio di Hefner e si è distinto per conquiste e corteggiamenti? Il primo che sovviene alla mente è George Best, del quale ricordiamo la celebre frase: “Ho speso gran parte dei miei soldi per alcool, donne e macchine veloci, il resto l’ho sperperato”.

In Italia la fama di latin lovers precede diversi giocatori: su tutti Vieri, ma non sono da meno Borriello, (in un’intervista alla Gazzetta dello Sport confessò: “Ho avuto donne bellissime, famose e non famose: potrei permettermene molte di più, però non mi piace fare ginnastica e basta, senza connessione mentale”) Balotelli e Pippo Inzaghi. E come scordare le dichiarazioni ad As di Cassano durante la sua permanenza al Real Madrid: “Poco allenamento, troppo cibo, e troppo sesso. Quando uno è giovane, 20 anni, e ha la passione per le ragazze…ha una forza che potrebbe far sesso ogni giorno. Le opportunità io le ho sempre avute”.

E anche all’estero gli esempi non mancano: da Cristiano Ronaldo, pizzicato spesso tra diversi flirt, a Cavani fino a Neymar Jr o forse più Senior visto che il padre della stella del PSG avrebbe instaurato una una relazione proprio con un’ex coniglietta di Playboy).

Tutti giovani, eccetto il Signor Neymar, tutti cresciuti con Internet più che con Playboy, ma che probabilmente considerano quel giornale (e il suo fondatore) un mito che ha fatto da apripista alla sensualità senza ipocrisia, alle pose ammiccanti e ai pochi vestiti.

C’è chi l’ha accusato di aver dato il via all’immagine negativa della donna-oggetto. Lui si difendeva così:

“Il movimento femminista, figlio della rivoluzione sessuale di cui Playboy è stato parte integrante, a un certo punto si è confuso le idee pensando che liberazione sessuale ed emancipazione della donna fossero due idee in conflitto tra loro. Una follia oggi professata solo da una minuscola fetta, antistorica e anti-Playboy, del femminismo. Che si rifiuta di ammettere che la prima beneficiaria della nostra rivoluzione è stata la donna, storicamente cittadina di serie B anche a letto”.

Redazione

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