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Las Palmas, la storia di Bassinga: il viaggio in gommone e la scoperta di un tassista

Il viaggio di Aboubacar Bassinga è cominciato a febbraio 2020. Mentre in Europa dilagava il Covid, un ragazzino di 14 anni decideva di affrontare tutto da solo, all’insaputa dei genitori, un tragitto di 3000 chilometri. Dalla Costa d’Avorio alle coste delle Canarie, a bordo di un gommone.

Aboubacar sperava di arrivare in Francia, dove avrebbe raggiunto lo zio, ma il suo viaggio si interruppe ad Arguineguín. Poco più a nord, a Las Palmas, quattro anni dopo ha potuto realizzare il suo sogno: debuttare in Liga

Nella vicenda di questo ragazzo nato nel 2005 si mescolano già i racconti e le leggende. Feste di strada, tassisti e una giudice illuminata. Ma andiamo con ordine. 

La storia di Bassinga, dalla Costa d’Avorio a Las Palmas in gommone. Ora l’esordio

Pochi mesi dopo essere arrivato alle Canarie da minore non accompagnato, Aboubacar viene preso sotto la tutela di Reyes Martel, una giudice minorile che aveva avviato il programma “Up to you”, “Dipende da te”, per l’integrazione degli stranieri. Un anno prima, Martel era riuscita a introdurre una novità normativa: per la prima volta, le squadre di calcio federali potevano schierare minorenni di origine straniera

Proprio come Bassinga, che nel frattempo era stato “segnalato” a Manuel Rodríguez “Tonono”, il responsabile del settore giovanile del Las Palmas. Secondo i racconti, sarebbe stato un tassista, per strada, a intuirne il talento durante una partitella. 

Poi l’approdo nel Las Palmas D, squadra fondata nel 2016, su ispirazione della stessa Reyes Martel, per dare spazio a ragazzi che vivono una condizione di vulnerabilità. Con l’esordio del 16 agosto in Liga, in Las Palmas-Siviglia, Bassinga è diventato il primo calciatore del Las Palmas D a debuttare in prima squadra. Aboubacar è un centrocampista fisico, intenso. Il Las Palmas ha deciso di non intervenire sul mercato in quel ruolo, quest’estate: sa di avere in casa un tesoro. Leggi anche – Christantus Uche, l’intuizione di Bordalàs: il Getafe ha “il Kanté degli attaccanti”

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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