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Data: 13/01/2018 -

Serie A, approfondimento infortuni: “più ti alleni e più perdi". La scienza del riposo dimenticato

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In Serie A è tempo di pausa. Riposo. Giocatori alle Maldive, tropici e località meravigliose. Stacco dal campo per festeggiare il Natale e, soprattutto, per recuperare le energie spese nell’ultimo logorante ciclo di partite. Insomma, relax. I calciatori però, oltre che nella pausa invernale, dovrebbero riposare soprattutto durante la settimana col fine di riguadagnare al meglio le energie per rendere di più in partita e prevenire gli infortuni. Per questo noi di GianlucaDiMarzio.com – nella rubrica sulla tenuta fisica e la prevenzione agli infortuni - abbiamo deciso di andare oltre, facendoci strada grazie al migliore degli alleati: la biologia umana. Con noi, inoltre, hanno deciso di partecipare fornendoci delle preziose testimonianze Claudio Tozzi - esperto di preparazione atletica sulla forza in Italia e autore di BIIOSystem, libro bestseller sull’allenamento - e Francesco Mauri - preparatore atletico dello staff di Carlo Ancelotti. E allora entriamo subito nel dettaglio, spiega Tozzi: "Gli infortuni dipendono dai troppi chilometri percorsi dai giocatori rispetto alla biologia umana.In particolare la miglior performance, farà strano leggerlo, si ottiene con molte meno ore di allenamento e con una maggiore intensità e qualità.Il tutto seguito e accompagnato da un adeguato recupero e riposo".


La risposta del corpo umano


Noi siamo delle creature intelligenti. E non è solo una questione di cervello e pensiero, ma anche motoria: “Sì, il nostro corpo ci dà sempre dei segnali. Dei campanelli di allarme”. Ok, ma il fisico di un calciatore di Serie A non dovrebbe essere sempre in forma, sempre ben allenato? “Già, è proprio qui che casca l’asino: ci insegnano, dalle facoltà di Scienze Motorie fino ai corsi di Coverciano, che più ci alleniamo, più corriamo, più fatichiamo e più saremo performanti. In fondo tutta la Serie A fa così. Più lavori, meglio è, più correrai in settimana e meno infortuni avrai”. Beh, chiaro: “E invece no, ma non lo dice Claudio Tozzi, lo dice la biologia umana: il corpo umano è un retaggio di milioni di anni di evoluzione in cui non ha mai corso tanto come i calciatori. Il nostro retaggio è fatto per raggiungere un massimo giornaliero di 10/15 chilometri al giorno, non di scatti, ma di camminata moderata. Questo per chiunque. E’ chiaro, poi, che ci sono delle persone con una maggiore resistenza delle altre”. Ma nel concreto, l’evoluzione quanto e come ha sviluppato la forza e la capacità di resistenza alla sforzo dell’uomo? “A questo proposito faccio riferimento ad uno studio del 2013: “Gli atleti olimpici devono allenarsi come nel paleolitico?” pubblicato sulla rivista “Sport Medicine” (agosto 2013) e redatto in collaborazione tra le Università di scienze motorie di Brasilia (Brasile), La Coruña/Vigo/Leoia (Spagna) e Santiago del Cile (Cile). In pratica i ricercatori propongono il fatto che gli atleti hanno in comune che sono tutti homo sapiens e suggeriscono che gli adattamenti dell’allenamento sono potenziati se lo stimolo è molto simile al modello di attività degli antenati umani”. E com’era questo stimolo? “Intenso e infrequente. Nello specifico è dimostrato che nel paleolitico l’uomo percorreva 10-15 km, con una stima di energia misurata di circa 3.000-5.000 kcal / giorno. Questo approccio è in accordo con recenti studi che hanno descritto un risultato migliore di allenamento nei soggetti che regolavano il loro carico di allenamento, a seconda dello stato del loro sistema nervoso autonomo”. Ma i nostri calciatori come si allenano? “Normalmente in una partita un giocatore di movimento compie circa 7-13 km a partita. Ma le squadre di serie A che fanno le coppe giocano anche tre partite a settimana, quindi un calciatore può fare 21-36 km a settimana, più tutti quelli percorsi in allenamento. In realtà non sarebbe nemmeno questo un gran problema, in quanto all’epoca ci riposavamo per circa 7-15 giorni, il tempo di rigenerare mente, muscoli e articolazioni”. Già, ma al giorno d’oggi è tutta un’altra storia: “Nel calcio moderno sembra impossibile che ci si fermi forse anche solo per un giorno, figuriamoci una settimana o due. Nessuna squadra lo potrebbe fare, o forse sì se si allenasse principalmente col pallone. Provando tecnica, schemi, situazioni di gioco, tattica e posizioni in campo. Ah, c’è un altro concetto sottovalutato (nonostante sia di una banalità assurda): una partita di Serie A, ma anche di Terza Categoria come di Champions League, è già di per sé un allenamento. E anche bello intenso. Per questo è inspiegabile l’idea degli allenatori, in particolare dopo le sconfitte, di bacchettare i propri ragazzi con ulteriori sessioni fisiche”.


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Tags: Serie A



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