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Data: 21/09/2017 -

"Non era nemmeno maggiorenne ma dimostrava 30 anni". Guatelli racconta gli esordi di Rodriguez: "Mi chiamava fungo"

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Una certezza. Ecco cos’ha pensato la dirigenza del Milan di Ricardo Rodriguez quando ha deciso di investire su di lui. Il terzino mancino di sicuro affidamento ma soprattutto di tanta, tanta qualità che dalle parti di Milanello mancava da troppo tempo. Rischio che steccasse? Zero. E lo sta dimostrando. Coi fatti e con le prestazioni. Predestinato senza se e senza ma, fin dalle prime apparizioni tra i professionisti a Zurigo. Chi a quei tempi avrebbe scommesso di tutto su un futuro lucentissimo per Rodriguez è Andrea Guatelli, portiere italiano attualmente svincolato con alle spalle diversi anni di carriera tra Inghilterra e Svizzera ma soprattutto estremo difensore di quello Zurigo: “Io in quel gruppo dello Zurigo ero uno dei più vecchi e appena lo vidi fui impressionato, ero sicuro che avrebbe fatto benissimo. Al primo allenamento con noi ricordo che sembrava un trentenne nonostante forse non fosse nemmeno maggiorenne: aveva una tranquillità ed una personalità nel giocare il pallone davvero fuori dal comune. Senza dimenticare quel piede mancino fenomenale – ha dichiarato Guatelli in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com -. Ripensando a lui, il primo gesto tecnico che mi torna in mente fu un controllo incredibile in partitella: eravamo in squadra assieme, controllò un pallone difficilissimo come se fosse il gesto più semplice del mondo e nella mia testa pensai ‘questo qui non è affatto male…’. Era un predestinato, si capiva. Ora è nei top 5 terzini mancini al mondo”.



Che cantera quello Zurigo. La stella era Rodriguez ma non solo: “Nelle giovanili c’erano molti ragazzi protagonisti di quel Mondiale U17 (Mehmedi, Drmic, tra gli altri) vinto proprio dalla Svizzera e Ricardo era uno di quelli. Addirittura, riuscì a soffiare il posto a Ludovic Magnin, uno dei ‘vecchi’ e colonna portante di quella squadra e della nazionale svizzera. Quando schierato faceva sempre bene così, piano piano, l’allenatore decise di puntare forte su di lui. L’unico problema fu forse frenare l’eccessiva esuberanza di questi giovani: erano forti e lo sapevano anzi, capivano che potevano aspirare a ruoli da titolari. In quel momento lo Zurigo stava vivendo un cambio generazionale. Ci fu una partita in particolare in cui stavamo vincendo 2-1 contro il Bellinzona e negli ultimi 5’ noi ‘vecchi’ cercavamo di tener palla mentre i giovani continuavano ad attaccare rischiando di perderla e subire il contropiede. Ci arrabbiammo moltissimo negli spogliatoi!”.

I ragazzi terribili dello Zurigo. Estroversi, effervescenti. Quasi al limite della sfrontatezza: “Il gruppo dei ragazzi aveva carattere ed era davvero affiatatissimo. Giocavano sempre alla Playstation e per farli ambientare noi più ‘anziani’ spesso li portavamo a pranzare al ristorante con noi. Ovviamente si trattava di un ristorante italiano lì a Zurigo. Io sono un tipo molto aperto, un ‘compagnone’ nello spogliatoio, tanto che scherzavamo e ridevamo spesso assieme. Non nascondo che a volte si prendessero un po’ troppe confidenze: Ricardo e gli altri tra di loro si chiamavano ‘pilz’ che in tedesco significa ‘fungo’ e lo facevano anche con me. A quel punto mi incaz***o, mi sembrava una mancanza di rispetto e ogni tanto li prendevo da parte: ‘Ok scherzare, ma fino ad un certo punto…’. Erano davvero esuberanti nonostante la loro età, come spesso accade per i giovani in giro per l’Europa. In Italia è un po’ diverso, c’è ancora un pizzico di nonnismo o, almeno, fino a qualche anno fa era così”.



A parte qualche piccolo eccesso tutto sommato nella norma per ragazzini di quella età, “Ricardo era un ragazzo tranquillo e rispettoso. Logicamente, si scherzava e si giocava nello spogliatoio ma aveva ben fisso nella mente l’obiettivo. Già dalle prime partite ufficiali si riconosceva come fosse un giocatore sopra la media nonostante l’età”.

Rodriguez è rimasto davvero nel cuore di Andrea. Un orgoglio poter ammirare un ex compagno di spogliatoio visto crescere e maturare giorno dopo giorno ora protagonista in una squadra come il Milan. Tanto che tra i due è rimasto “un bel rapporto. Ci siamo visti a Lugano a maggio e mi ha chiesto un po’ di informazioni su Milano visto che già sapeva come probabilmente avrebbe lasciato la Germania per l’Italia. Gli ho consigliato fortemente la Serie A perché non avevo dubbi sul fatto che si sarebbe ambientato alla grande: nonostante la nazionalità svizzera lui ha una cultura latina e in Italia avrebbe avuto zero problemi. Poi, grazie alla cura dei dettagli e agli allenatori italiani, i migliori al mondo, sarebbe potuto migliorare ulteriormente. A dir la verità, ero convinto che avrebbe lasciato prima la Germania per un top club europeo”.

Nel frattempo, anche Guatelli stesso spera di trovare presto nuova sistemazione per questa stagione: “Ho declinato un paio di offerte riguardanti situazioni un po’ delicate. A me piacerebbe tornare a giocare in Italia oppure in un contesto di squadra con cultura italiana ed ora in ballo c’è qualcosa col Lugano. Ne stiamo parlando e sarebbe un onore giocare in una squadra così importante e che sta facendo molto bene. Sto cercando una piazza che mi trasmetta entusiasmo, se no potrei iniziare a pensare già al dopo carriera”.

Augurandosi sempre che l’amico Ricardo continui ad impressionare e ad imporsi in rossonero. Anzi, senza augurarselo. Lo sa già. Ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa quando lo vide ai primi allenamenti coi grandi a Zurigo, figuriamoci ora che Rodriguez è una certezza. Col Milan che ha deciso di puntare forte su di lui venendo ripagato alla grande.



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