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Data: 14/11/2017 -

Liverani: "Che bravi Inzaghi e Simeone! Deluso dal Genoa, ora mi godo il Lecce"

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strong>Ha dato uno schiaffo, con i risultati, a chi non ha creduto in lui. Fabio Liverani, da quando è arrivato sulla panchina del Lecce, ha conquistato 26 punti in 10 gare: 8 vittorie, 2 pareggi, nessuna sconfitta, media punti di 2,6, grazie alla quale i giallorossi sono diventati quasi inarrestabili. Finora, un capolavoro. Non il primo compiuto da un allenatore che ha appena 41 anni. Nello scorso marzo, Fabio ha preso il comando della Ternana. Fino a quel momento, i rossoverdi avevano collezionato appena 23 punti. Arriva lui e colleziona 26 punti in 13 partite, fondamentali per conquistare una salvezza che sembrava davvero insperata.

Dopo il miracolo a Terni, probabilmente, avrebbe meritato un salto di qualità. “E chi dice che non l’ho fatto? - spiega l’allenatore ai microfoni di gianlucadimarzio.com - Ciò che conta, quando valuto un’offerta da una determinata squadra, è la serietà della società e l’importanza della piazza. Certo, sarà anche facile parlare quando tutto va bene, ma a Lecce ho trovato davvero il binomio perfetto tra le due cose”. Quello di Terni, adesso, “è un capitolo chiuso. Ringrazierò sempre i miei ragazzi per l’impresa che siamo riusciti a realizzare insieme. Ora, però, penso al presente”. Che, da due mesi, si chiama Lecce. Il capoluogo salentino ha intrigato Liverani: “Mi avevano parlato bene della città e ho capito subito il motivo. Lecce è a misura d’uomo, bella e soprattutto ‘educata’. Diciamo che, sotto questo punto di vista, mi ha sorpreso. Spesso, al sud, non è così”.

Dalla squadra alla città, Fabio è soddisfatto del cammino percorso. Magari, il Salento l’avrà colpito anche dal punto di vista… gastronomico: “Rustico o pasticciotto? Il primo l’ho mangiato, l’altro non ancora. Ma, siccome sono più per il salato… dico rustico!”. Rimandato: le prelibatezze salentine non sono ancora il suo forte. Il meglio di sé, d’altronde, lo deve dare in panchina. Anzi, sul campo, dove "la bravura di un allenatore sta nell’esprimere, attraverso i suoi giocatori, le proprie idee”. Un esempio? “La Lazio di Inzaghi e l’Atletico di Simeone. Negli anni passati a Roma, ho condiviso lo spogliatoio con tutti e due e adesso, quando guardo giocare le loro squadre, rivedo in campo ciò che Simone e Diego vogliono trasmettere, la loro personalità. Quando eravamo calciatori, ero sicuro che Simeone sarebbe arrivato dov’è oggi. Su Inzaghi ero un po’ meno convinto. Simone, però, ha sempre avuto una grande cultura calcistica e si sta affermando grazie alla sua grandissima voglia di fare”.

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