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Data: 03/07/2017 -

​“Io questa partita non la perdo neanche morto”. Addio a Paolo Villaggio. Il calcio, nei suoi film, ha unito gli italiani

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Chissà quanti sono stati e quanti sono gli Ugo Fantozzi a cui una Pina, con fare timoroso, si è avvicinata a sussurrare: “Credo che non potrai vedere la tua partita questa sera, perché dobbiamo uscire”. Il calcio, nella vita di tutti, è una costante, e quando gioca la Nazionale, davanti allo schermo sta inchiodato anche chi non ne è un grande appassionato. Il sentimento che anima gli italiani in particolare nel momento del tifo, l’ha interpretato in modo esemplare Paolo Villaggio. Nei suoi film ha disegnato a perfezione l’uomo contemporaneo, un po’ grottesco e un po' divertente, che trasferisce tutti gli aspetti della mediocre quotidianità nell'entusiasmante attesa dei 90 minuti di gioco del pallone.

Ha trasformato il salotto di casa in una specie di curva dove la regola era tanto cavernicola quanto semplice: “Donna, in cucina!!! Frittatona di cipolle, birra gelata e rutto libero! Vai Vai!”.

E' partito per una trasferta con lo "stratega dell'avvicinamento agli stadi", ragionier Filini nel “Giorno dell’attesissimo incontro amichevole di calcio Italia-Scozia”, quando la "gita turistica" degli italiani si trasformò in “gita teppistica” dando origine allo scontro tra "vascelli e pirati" sui pullman in direzione Olimpico.

Ma ricordiamo nitidamente il cineforum aziendale a cui Ugo Fantozzi venne costretto con i colleghi proprio mentre in TV trasmettevano la diretta da Wembley di Inghilterra-Italia, valida per la qualificazione alla Coppa del Mondo. In quel luogo asettico in cui il professor Riccardelli si compiaceva del brusio interessato degli impiegati, che invece: “Non si scambiavano commenti, nel buio della sala correvano voci pazzesche, si diceva che l’Italia stava vincendo per 20 a 0, aveva segnato anche Zoff di testa su calcio d’angolo”. La sola speranza, in auto, era la radiocronaca di Nando Martellini. Chi si dimenticherà mai di quel “Palo!” urlato in radio che fece inchiodare Fantozzi, arrampicarsi ad una finestra, rompere il vetro e chiedere: “Scusi chi ha fatto palo?”, rimediandosi un pugno che avremmo preso volentieri tutti.

Un ritratto preciso e segnante della nostra attitudine al calcio, tra tradizioni e abitudini che oggi sono più vive che mai. Quanti hanno preso parte almeno una volta al calcetto? Tutti, anche Fantozzi, nella celeberrima partita Scapoli-Ammogliati, dove oltre alla goffaggine atletica, abbiamo visto pozzanghere, autoreti e la nuvola di pioggia che perseguita ogni impiegato. Così la descriveva nel film: “L’annuale sfida calcistica, nel più disastrato dei campetti di periferia. Le formazioni sono sempre molto ridotte per ritardi, defezioni proibizioni di madri spose e medici curanti”. Realismo, verosimiglianza e modernità nonostante queste scene siano nate a metà degli anni ’70.

Perché quello di Fantozzi, salvo il rutto libero e la cipolla che non piace a tutti, è per ognuno di noi, un “Programma formidabile: calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore”.

Rimarrà sempre nella nostra memoria, lui che ci aveva già mostrato come sarebbe andato in Paradiso: vestito di bianco, con la radiocronaca di Bruno Pizzul ad alto volume.



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