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Data: 07/03/2018 -

Il Fantacalcio compie 30 anni. Albini, inventore del gioco: "All'inizio nessuno mi dava retta..."

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Svegliarsi, bere un caffè, andare al lavoro e fare pausa-pranzo. Poi tornare a casa, un’oretta in palestra e la sera film&divano: vita da terzo millennio, routine e soliti tran-tran. Certi eventi, certe cose si ripetono in continuazione e, di conseguenza, si finisce per darle per scontate. Per circa tre milioni di italiani, il fantacalcio è una di queste. Uno sguardo alle probabili formazioni il venerdì, la scelta di chi mandare in campo di sabato e il periodico controllo di “come stanno andando le cose” fino all’ultimo minuto dell’ultima partita di giornata. Un’abitudine per davvero, senza mezzi termini. Gli stop per le nazionali e le vuote settimane estive provocano una vera e propria astinenza per tutti i fantallenatori. “Se non esistesse, lo dovrebbero inventare”, concorderanno i più.

Tra qualche mese, il fantacalcio compirà 30 anni. A idearlo, nel 1988, fu Riccardo Albini, giornalista classe ’53. Ai microfoni di gianlucadimarzio.com, racconta la nascita e lo sviluppo del gioco più amato dagli italiani: “L’idea mi ballò in testa per qualche tempo, ma per i primi anni Ottanta l’ho lasciata in un cassetto. Alla fine, ho convinto sette colleghi. Tutto iniziò così…”

LA NASCITA DEL GIOCO

Partiamo dalle origini. Nei primi anni Ottanta, Albini dirigeva una rivista chiamata “Videogiochi” e, per via del dominio esercitato dagli statunitensi nel settore del virtuale, “un paio di volte all’anno andavo in America per questioni di lavoro - ricorda il giornalista -. A quei tempi, non c’era Amazon e la mia curiosità nei confronti dei libri americani non sarebbe stata certo soddisfatta navigando sul web. Spesso, così, mi recavo in libreria durante i miei viaggi. Una volta vidi un manuale, ‘Fantasy Football’. Sono un amante di tutti gli sport americani, eccezion fatta per l’hockey, così lo acquistai e, leggendolo, scoprii un gioco piuttosto interessante”. Per dirla brevemente, il Fantasy Football era un fantacalcio applicato a un altro sport - il football, per l’appunto -, e che prevedeva una valutazione dei singoli atleti in base alle statistiche elaborate al termine di ogni match. ”Una roba del genere in Italia sarebbe stata impensabile: gli americani lavoravano con le statistiche dagli anni Trenta, da noi dopo una partita di calcio si comunicavano appena i marcatori e gli ammoniti”. Eppure, “cominciai a pensare quanto sarebbe stato bello creare qualcosa di parallelo nel mondo del pallone. Un gioco ‘finto’ ma strettamente collegato al calcio vero e proprio: questa era l’idea che continuava a rimbombarmi nella testa ma che, per via di numerosi impegni, per un po’ di tempo non riuscii a sviluppare”. Nel 1988, il colpo di genio: “Le pagelle! Ormai erano vent’anni che i giornalisti sportivi valutavano i calciatori a fine partita. Certamente a volte sbagliavano, però in linea di massima ci si sarebbe potuti affidare alla loro oggettività. Così, con i miei colleghi, decidemmo di fare un esperimento”. Trent’anni più tardi, si può ben immaginare l’esito di quel tentativo.

DAL 1988 AL 2018: COSA E’ CAMBIATO?

“Poco, a dire il vero”. Il primo fantacalcio presentava l’ossatura tramandatasi nel tempo. Stessi bonus e stessi malus, “anche se il gol subito valeva -2. Praticamente uno beccava tre gol e finiva in negativo…”. Sin da subito, Albini mirò a creare un vero e proprio campionato, con scontri diretti tra i singoli partecipanti, suddiviso in giornate proprio come la Serie A: “Mettere da parte le singole partite e seguire la classifica punti significherebbe sopprimere il bello del gioco: l’imprevedibilità. Se, invece, al più forte della lega cominciano a capitare le giornate storte, i 65,5 e così via, è più probabile che la corsa al primo posto resti aperta fino alle ultime giornate”. D’altronde, calcio e fantacalcio sono figli della stessa passione:I fantallenatori soffrono esattamente come i tifosi. Le emozioni sono quasi le stesse, la gioia per un gol o la rivalità con un avversario sono vissute allo stesso modo. Chi si innamora del calcio ben conosce il peso dell’imprevedibilità, quel ‘tutto può succedere’ che resiste fino all’ultimo minuto. Ecco, nel fantacalcio deve accadere la stessa cosa”.

Criteri di giudizio e regolamenti sono rimasti immutati negli anni: le carte, insomma, sono le stesse di sempre. Quel che è cambiato è il tavolo da gioco: “App, siti appositamente dedicati alla gestione delle leghe… Diciamo che, nel 1988, la musica era un po’ diversa”. Le formazioni, per esempio, dovevano essere consegnate di persona: “Prima della partita d’apertura della giornata, tutti e otto ci trovavamo in un bar. Davamo al barista dei fogli di carta sui quali c’erano scritti i calciatori che avevamo scelto. Ogni weekend si ripeteva la stessa storia. E la gente cominciava a incuriosirsi…”. Sarebbe stato difficile il contrario, considerando che il fantacalcio era appena nato e nessuno ne conosceva i meccanismi. “Ogni tanto qualcuno di noi si lamentava di aver speso troppi soldi per comprare un determinato giocatore. Chi si trovava nel bar ci guardava perplesso, oppure ci chiedeva di che cosa stessimo parlando”. Da lì, l’idea di pubblicare un libro che spiegasse le regole del gioco: “Fissammo dei prezzi alti per i tempi che correvano, vendemmo solo 2.500 copie su circa 10.000 stampate. Fu un bagno di sangue ma, grazie a Dio, non vivevamo solo di quello…”. Nonostante lo scarso successo del manuale, un anno dopo la sua pubblicazione, qualche migliaio di italiani si disse entusiasta del gioco. Così, con il passare del tempo, il fantacalcio divenne protagonista di uno sviluppo straordinario: “Eppure, anche se molti sono convinti del contrario, non sono miliardario! - scherza Albini.

I consigli di Albini ed il... segreto del Fantacalcio (pagina seguente)


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