El "Txingurri” Valverde: il fotografo ideale per questo Barça
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Data: 26/12/2017 -

El "Txingurri” Valverde: il fotografo ideale per questo Barça

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Ernesto Valverde è un tipo curioso, ama osservare situazioni. Studia le possibili inquadrature, sceglie l’angolo che nessun altro ha ancora visto e lo immortala con la sua 'cámara', esclusivamente in bianco e nero, perché - dice - “il malinconico piace”. Risposta banale. La verità è un’altra: il bianco e nero ti costringe a immaginare il colore, richiede uno sforzo maggiore che però, se fatto nel modo giusto, ti garantisce una doppia soddisfazione. Esempio: l’ultimo Real-Barca, il primo in campionato di Valverde come allenatore dei catalani. Senza Neymar, venduto in estate al PSG, e senza il suo sostituto, mr 150 milioni Dembele. Infortunato. Out anche il centrale titolare Umtiti. Nella settimana del big match inoltre, il Barça si era preso pure una denuncia alla Fifa da parte dell’Atletico per aver contattato senza permesso Griezmann. Bene, non esattamente l’inquadratura migliore, più nera che bianca a dire il vero, ma alla fine il clásico si è tinto di un colore solo: il blaugrana. Vittoria di Valverde per 0-3 e +14 sui rivali di sempre. Liga sentenziata a dicembre.

Nella vita di Ernesto Valverde calcio e fotografia sono sempre andati nella stessa direzione, con qualche invasione di... campo. Se non fosse diventato allenatore, si sarebbe dedicato interamente (e volentieri) all'altra passione. Ma poi, allenatore, ha fatto di necessità virtù: in Grecia, sulla panchina dell’Olympiacos, si è regalato 3 campionati, due coppe nazionali e un libro chiamato ‘Medio Tiempo’, ovvero una raccolta di 66 foto che mostrano quel mondo fatto di autobus, hotel, aerei, persone. Ovviamente in bianco e nero. A Valencia - sempre da allenatore! - si è presentato così alla sua prima conferenza: “In questo momento la foto è un po’ mossa, però bisogna metterla a fuoco”. Poche parole, gesti semplici e tanti scatti. Quando giocava all’Espanyol ha frequentato l’Institut Fotogràfic de Catalunya, quando ha sposato la panchina dell’Athletic Bilbao (dove ha fondato anche una scuola di fotografia!) era solito passeggiare per il centro sportivo di Lezama con una Nikon D5 al collo: click, click, click. Ma anche vittorie su vittorie: in 4 stagioni ha sempre garantito al club un posto in Europa vincendo un titolo ufficiale dopo 31 anni di astinenza.

Valverde è per tutti “El Txingurri” ovvero “la formica” in basco, soprannome che gli diede Javier Clemente, leggendario allenatore dell’Athletic. “Forse per la sua statura, corta, e il suo modo insidioso di inserirsi tra gli spazi”. Il punto più alto da calciatore è arrivato nel Barça di Johan Cruyff allenatore: dal 1988 al 1990 però ha giocato appena 22 partite a causa di infortuni vari. Ma ha imparato tanto, per il futuro: “Cruyff era uno molto esigente, non accettava nemmeno un passaggio sbagliato”. Valverde non è propriamente così ma ai suoi ragazzi chiede palla bassa e gioco verticale. Educato, intelligente, colto, che ha letto e legge molto. Adora giocare a scacchi. Uno a cui non serve alzare la voce in conferenza e nemmeno fare la guerra ai giornalisti: fa parlare i risultati sul campo e in 15 anni di carriera da allenatore - tra Athletic, Espanyol, Olympiacos e Valencia - è stato esonerato solo una volta, a Vila-Real.

Valverde ha detto NO al Barcellona per ben due volte in passato e sempre allo stesso ds, Andoni Zubizarreta. Perché? Per rispetto nei confronti del suo Athletic Bilbao a cui aveva dato la sua parola di rinnovo. Ah, tra l’altro, nel 1997, sempre Zubizarreta gli offri un ruolo da direttore tecnico (ds) all’Athletic. “Preferisco allenare” fu la replica della formica che, paziente e leale, ha sempre avuto ragione e col tempo è diventata atomica, soprattutto in panchina. Valverde, oggi, si è preso il Barcellona. A suo modo, con umiltà, passione quasi maniacale, entusiasmo. Sta rivitalizzando giocatori che sembravano finiti come Vermaelen e Aleix Vidal, sta trasmettendo fiducia a un ambiente che, ad agosto, aveva criticato duramente l’acquisto di Paulinho: “40 milioni per uno che viene dalla Cina?!”. Oggi il brasiliano è uno dei migliori centrocampisti della Liga, anche grazie a Valverde. Sta dimostrando con i fatti quanto La Masia sia importante, assistendo di persona (già due occasioni) alle partite del Barça B: Luis Enrique, in due anni, ha totalizzato zero presenze. La mano dell’allenatore si sta notando eccome, lui così attento ai cambi “soprattutto per il messaggio che dai alla squadra” e decisamente tecnologico. Ha una fissa e non smette mai di ripeterla al suo secondo, Aspiazu: pretende che il report sugli avversari sia breve e conciso. Valverde è uno che si porta il lavoro a casa, dritto nel letto. Una mattina, nelle vesti di papà, credeva di aver caricato i figli in macchina per portarli a scuola e invece... "me li sono ritrovati al semaforo che stavano camminando, soli, verso l’istituto”. Dimenticati! Totalmente. Perché era assorto nel suo mondo, pensava ripetutamente al movimento che il terzino avrebbe dovuto fare e che poi non ha fatto. Succede, certo, ma serve sempre equilibrio, che è un’altra parolina magica del Valverde allenatore. “Esattamente come nelle foto, in una squadra cerco l’equilibrio delle cose. In entrambi i casi dipende dagli elementi che hai”. Camaleontico, osservatore, l’uomo giusto al posto giusto. Anzi, meglio: l’allenatore ideale per questo Barcellona.



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