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Data: 22/08/2017 -

Bibiana Steinhaus si racconta: "Io, il primo arbitro donna della Bundesliga. Ma basta con i pregiudizi..."

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Da poliziotta a… primo arbitro donna della Bundesliga. Ha scritto la storia, Bibiana Steinhaus. In Germania è già una star, ma non potrebbe essere altrimenti. Dopo anni di gavetta, eccola nella squadra arbitrale del campionato tedesco. La prima donna a farlo. Ai microfoni del "Welt am Sonntag" – in un’intervista riportata da La Repubblica – ‘Bibi’, come ama farsi chiamare, si è raccontata:Ho questa opportunità ora, e intendo sfruttarla. Pressioni? Provo soprattutto entusiasmo, ma avverto anche una certa tensione e delle aspettative. In particolare, aspettative che io rivolgo a me stessa. Molte persone con le quali in passato ho collaborato intensamente mi hanno espresso fiducia. Mi piacerebbe ricambiarle. Mi sento riconoscente verso di loro. Perché puoi lavorare a fondo ed evolvere, ma se nessuno ti dà un’opportunità di metterti alla prova al livello successivo, è difficile”.

Una strada non facile quella di Bibiana, sostenuta sempre dalla famiglia: Mia madre mi ha sempre attestato uno spiccato senso della giustizia. Non solo mai stata insolente, ma nemmeno timida. E sono sempre stata curiosa. Credo di aver tratto impulso dalla curiosità fin da bambina. Il motto della mia vita potrebbe essere: Ma sì, proviamo. I miei genitori, quando eravamo in un parco giochi, mi dicevano: “Arrampicati pure sull’albero, se vuoi provare come ci si sente cadendo” (ride). Mi hanno sempre sostenuto con forza in tutte le cose che ho fatto. È così anche oggi. Ho avuto tutte le libertà di mettermi alla prova. Guardando le cose in retrospettiva, mi ha fatto sicuramente molto bene. E non si sono mai preoccupati che esagerassi”. Diventare arbitro, però, è costato soprattutto sacrifici: “Ho cominciato molto presto a divertirmi facendo sport e facendolo con gioia. È sempre stato importante, perché mi sono accorta presto anche di quanta forza potevo trarre. E quando poi mi sono proposta di raggiungere buone prestazioni come arbitra, i fine settimana in discoteca si sono fatti sempre più rari. Non si trattava di una rinuncia, ma di stabilire delle priorità”.

Nonostante l’allenamento richieda molta autodisciplina, ogni tanto una ‘trasgressione’ ci può stare: “Trasgredire suona negativo. Ogni tanto mi premio. Per quanto riguarda il senso di responsabilità, è importante trattare con riguardo il proprio corpo, ascoltarlo. Il corpo ti dice già quello che gli fa bene e quello che non gli fa bene”. Durante una partita, fondamentali sono i primi dieci minuti: “Sono i più importanti. Tutti i giocatori guardano dov’è il limite. Cosa è consentito, cosa non lo è? Fin dove posso spingermi? È normale. Per l’arbitro si tratta di tracciare una linea, di tirare un nastro divisorio, per così dire, al quale tutti i giocatori devono attenersi. Non dobbiamo soltanto prescrivere e vietare, ma dobbiamo anche dirigere il gioco. E, ovviamente, comunicare con i giocatori: “Una buona comunicazione sul posto è importantissima. Il tono fa la musica. Un rapporto rispettoso è quello che mi auguro. Per me non è un problema, se un giocatore mi chiede conto delle mie decisioni. È naturale che possa succedere. Ma, per favore, con rispetto!”.

Chiosa finale rivolta a Ilkay Gündogan che, nei giorni scorsi, l’ha difesa da alcuni commenti diffamatori: “Non l’ho ancora ringraziato di persona! L’ho trovato un gesto molto sportivo e molto leale da parte sua. Per tutti noi conta la prestazione: solo quella, e nient’altro. Lui lo ha ricordato. I pregiudizi sono semplicemente fuori luogo”.



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